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By direttore - Published: 08/20/2014 - Section: Parola ai lettori
di IVAN PALAIA (WWF Piemonte)
Senza troppi giri di parole, per la Confederazione
Italiana Agricoltori non è il lupo – sterminato
nelle Alpi negli anni ’20 e ritornato 70 anni dopo –
ad essere a rischio di estinzione, ma greggi, mandrie e allevatori.
Non la pensa molto diversamente il WWF, che già a metà
degli anni ’90 propose – di fronte all’incredulità
e allo scetticismo delle amministrazioni pubbliche e dei sindacati
agricoli – un fondo di indennizzo per i pastori, poi diventata
legge regionale alcuni anni dopo.
Ma se agricoltori e WWF vedono il fenomeno
allo stesso modo, lo stesso non può dirsi per le soluzioni
proposte. Per le organizzazioni agricole, risolvere il “problema
lupo” – ovvero eliminarlo o ridurlo drasticamente
– significa salvare la pastorizia e garantire la presenza
dell’uomo in montagna. Replica il WWF: perché in
Sardegna la pastorizia è al collasso e di lupi nemmeno
l’ombra?
''...''
Per concludere la presenza del lupo e della
fauna selvatica gioca un ruolo non indifferente sulle potenzialità
dell’indotto turistico, con effetti innegabili anche sulla
conoscenza della tradizione e dei prodotti della montagna, e
molti pastori e residenti delle comunità alpine questo
giustamente lo sanno.
Bisogna pertanto evitare di fomentare lo scontro
tra pastori e non pastori, tra montanari e cittadini, azzerare
i casi di bracconaggio e avvelenamento (con inasprimento delle
pene) ed evitare che si giunga un eventuale boicottaggio del
consumo di prodotti di alpeggio usato come ritorsione a livello
commerciale. Questa strategia non serve a nessuno se non ai
politici opportunisti che, creando fazioni, precludono il dialogo
e danneggiano il comparto che dicono di rappresentare. E’
solo di costoro che vorremmo liberarci.
unasolavoce
22 agosto 2014 at 11:53
E l’evidenza dice che l’introduzione
del lupo, i problemi li ha posti, li pone.
Il punto non è come gestire, come contare, come pagare,
per giunta, i danni, se non si vuole essere essere autolesionisti,
la questione lupo è proprio la sua libera presenza nei
boschi e quindi nelle campagne.
A meno che non si voglia cacciare l’uomo da questi luoghi,
la convivenza con diritto di aggressione e di uccidere da parte
del lupo e la negazione del diritto dell’uomo di difendersi
e fare altrettanto, oltre che assurda, è impossibile.
Il lupo si preserva semplicemente come si è sempre fatto,
in riserve e parchi nazionali ben delimitati.
Lasciare liberi i grandi predatori nelle aree verdi e nell’ambiente
naturale, e dire che sono in casa loro, proclamando questi fondamentali
territori parco nazionale, significa che è l’uomo
che è destinato al confinamento e al recinto in grige
e innaturali città.
UnaVoce
22 agosto 2014 at 14:15
Il punto non è come gestire, come contare, come pagare,
per giunta, i danni, se non si vuole essere essere autolesionisti,
la questione lupo è proprio la sua libera presenza nei
boschi e quindi nelle campagne.
Il lupo si preserva semplicemente come si è sempre fatto
in passato, in riserve e parchi nazionali ben delimitati.
A meno che non si voglia cacciare l’uomo da questi luoghi,
la convivenza con diritto di aggressione e di uccidere da parte
del lupo e la negazione del diritto dell’uomo di difendersi
e fare altrettanto, oltre che assurda, è impossibile
Zac
26 agosto 2014
Riconosco che dopo un faccia a faccia con un
cane pastore abruzzese (spero di non sbagliare) che mi è
successo un paio di anni fa sui nostri monti penso di non poter
temere peggio da un lupo (escluso quello di cappuccetto rosso),
quindi preferirei non incontrare né l’uno né
l’altro. A proposito di ecosistemi e la necessità
di reintrodurre il predatore dalle nostre parti per l’eccessivo
numero di prede mi chiedo perché siano stati introdotti
a suo tempo cervi e caprioli che notoriamente non sono proprio
animali di alta montagna (forse faceva comodo ai cacciatori?);
ma non essendo un esperto titolato accetto volentieri spiegazioni
da chi è “del mestiere”.
Da figlio di contadini locali (solo per dire che so cosa sono
una vacca o una pecora e come si accudiscono) mi permetto di
non considerare i malgari quei protettori della natura che vengono
romanticamente descritti, guardate attorno ad uno dei loro insediamenti
(non tutti per carità) quali danni all’ecosistema
fanno, dalle vasche da bagno disseminate qua e la, fino alla
cote erbosa gravemente compromessa per l’incuria con la
quale gestiscono il bestiame, senza dimenticare i danni agli
alpeggi nei quali vengono ospitati: non menzionerò inoltre
quali meccanismi perversi della politica permetta loro di condurre
una vita dura e povera di facciata ma di tutt’altro tenore
nella realtà perché basta andarsi ad informare
presso uno degli enti preposti.
Senza andare tanto lontano ma solo oltre il più prossimo
confine vi accorgerete che il malgaro francese non crea tutto
sto scompiglio, molto meno, e non so se dipenda dalla sua indole
o dal fatto che vi siano delle regole e vengano fatte rispettare.
Tutto questo per dire che non mi intenerisce più di tanto
il povero contadino per la pecora mangiata dal lupo (perché
non succede ogni due per tre e anche perché viene rimborsato)
ma nemmeno trovo entusiasmante il battage che se ne fa in termini
di pericolo per l’uomo gridando “prima o poi mangerà
un bambino” (per quello non c’erano già i
comunisti?) almeno fino a quando non verrà provato che
è un rischio maggiore che incrociare un cinghiale o il
pallino di un cacciatore, cosa che invece accade purtroppo immancabilmente
ogni anno.
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