Dal libro ''Diario
- Similitudini fra Cani e Lupi - Illuminanti Riflessioni'' di Barbara
tullio e Paolo Caldora
Docilità
Chi possiede un animo incapace di elaborare lo squilibrio
nelle relazioni con il prossimo, può essere definito, docile.
E docile è chi possiede la capacità di capire l’ordine
(non comando, ma ordine nel senso di disciplinazione delle cose, seguire
l’ordine delle cose, il loro ordinamento), non dimostrando alcuna
difficoltà a chinare il capo ad esso.
Così come è docile chi è disponibile a credere
in qualcuno, affidando a lui la sua fiducia.
Per essere docile bisogna essere completi, bisogna
conoscere la strada della crescita caratteriale percorrendola dal gradino
più basso ed arrivare al più alto salendo passo dopo passo,
con l’unico scopo di arricchire se stessi, imparando attraverso
la formulazione di domande alle quali non si sa dare risposta e imparando
dai propri errori; facendo tesoro delle vittorie soprattutto se nate
da sconfitte dalle quali si è ricavato un insegnamento e dalle
risposte ricevute da chi è mentore sulla questione.
Per essere docili bisogna essere buoni, e per bontà
non si intende mostrare l’altra guancia che forse nel mondo degli
uomini può anche essere vero, bensì s’intende avere
una disponibilità d’animo incapace di progettare azioni
che volgono al male. Causare dolore con intento, e ferire finalizzando
l’obiettivo nell’assolvimento del sentimento maligno che
ha scatenato l’azione ‘’voler far del male’’.
Se proviamo ad analizzare l’osservazione su soggetti
ritenuti capaci di docilità, ci accorgiamo che è nei momenti
di maggior difficoltà e di maggior impegno che questa qualità
naturale si pone in luce, favorendo a chi vive la difficoltà
o affronta l’incarico o la situazione gravosa, la soluzione del
problema. Perché la docilità permette una disposizione
interiore a capire, a obbedire se necessita, a insegnare, e sempre e
comunque ad avere intenzioni didattiche e di benevolenza, e mai il contrario.
Chinare il capo al rispetto e accettare la propria
inferiorità psico-fisica, è segno di saggezza che solo
la docilità può dare, e solo chi è in grado di
capire l’importanza della propria assoggettazione a qualcosa che
è più grande delle proprie capacità, può
essere definito docile e saggio.
Pazienza, diligenza, obbedienza e capacità di
concepire con saggezza, sono la risultante di un equilibrio interiore
che è in grado di raggiungere solo chi ha capacità evolutiva
e di aggregazione sociale.
Per accogliere una rivelazione, grande o piccola che
sia, basta a volte essere docili, termine che indicava in origine la
disponibilità a farsi istruire. (Erri De Luca)
E da questa citazione prendo spunto per identificare
l’Animale docile in chi non ha bisogno della verga per essere
domato, perché la sua motivazione ad apprendere da colui in cui
è riposta la sua fiducia, è sufficiente per disporre il
suo animo ad eseguire la direttiva.
Chi non è docile, mette prima il proprio interesse
al posto della giustizia; da questo proprio interesse che non tiene
conto della giustizia, nascono tutte le guerre in famiglia, nelle comunità,
nella Chiesa, nella società. (Oreste Benzi)
In un Branco composto da Animali differenti dall’uomo,
non troveremo mai soggetti capaci di indocilità, perché
l’equilibrio e il benessere del Branco deriva dall’essere
docili; la non docilità è forma di ignoranza, e chi si
mostra indocile è solo un elemento non istruito; l’istruzione
porrà fine alla sua deficienza formativa, e l’equilibrio
prevarrà anche in lui.
È vero che a seconda dell’età dell’individuo
su cui si pone l’attenzione avremo una risposta all’essere
docile relativa alla sua crescita, così come è vero che
notiamo la stessa diversità a seconda del grado neotenico di
appartenenza quando parliamo di Cani e di razze, ma ciò non fa
che trovare conferma in quel che è stato detto poc’anzi,
e cioè che la non docilità è manifesta là
dove non c’è crescita e non c’è istruzione
(da non fraintendere con la non conoscenza di fatti diversi da quelli
riguardanti la socialità educativa).
Dire che un Lupo è un Animale cattivo e indocile, è la
più grande eresia di questo mondo, seconda solamente all’altrettanto
sproloquio dettato dall’ignoranza, che voleva che la forma della
terra fosse piatta!
Tutti gli atteggiamenti di comunicazione sociale che possiamo osservare
nel Lupo e nei suoi Figli, i Cani, rispecchiano in toto questa teoria,
ponendo un punto di partenza sulla modalità di osservazione e
sulla capacità di svolgerla. Mai fermarsi alla superficialità
di ciò che l’occhio vede senza interpretare le azioni anche
con la coscienza della logicità naturale. Un atto di dominanza,
uno di benevolenza, un attacco, un bacio, una fuga, un richiamo, sono
molto di più di quel che mostrano.
Duttilità
La duttilità non è altro che la predisposizione
ad apprendere, disponendo il nostro volere a capire, e semmai ad accettare,
la qual cosa ci si presenta davanti.
Se ci troviamo di fronte ad un problema, è vero
che a seconda della nostra sensibilità e della nostra sicurezza,
siamo in grado di decidere se affrontarlo o fuggirlo, ma se il problema
desta in noi una certa curiosità, tale da farci superare una
mancanza di fiducia nella situazione, ecco che essa ci dà la
spinta ponendo in primo piano la decisione ad agire e capire o a rifiutare.
La motivazione è forse l’elemento più
importante per spronare un individuo a muoversi in una direzione più
che in un’altra, e se in aggiunta a ciò, un altro individuo,
del quale egli ha rispetto e in un lui ripone la sua fiducia, lo invita
ad affrontare la situazione sconosciuta, ecco che la duttilità
prende in mano le redini dell’azione, permettendo a chi si pone
in attivo, di capire, accettare e imparare.
Obbligare un individuo a compiere determinate azioni
con il solo convincimento dell’imposizione, non gli permetterà
di crescere, e l’assoggettamento alla situazione o al volere dell’altro
che ne deriverà, non sarà di rispetto e conoscenza, ma
di passività, che può essere mostrata sia in forma attiva
che in forma passiva; identica reazione si avrà, se lo stesso
personaggio verrà invogliato a rispondere ad una richiesta, tramite
il condizionamento dello stimolo semplice. Per stimolo semplice s’intende
la particolarità che influisce sull’attenzione condizionandone
l’opera.
La motivazione giusta per stimolare e permettere la
crescita del soggetto con il quale si sta avendo il dialogo, deve sempre
essere quella idoneamente giusta in riferimento al fine a cui si vuole
arrivare, e il fine non deve mai essere una forzatura sulle capacità
del soggetto stesso.
Età e soggettività fanno la differenza
comunicativa, così come la fa, l’intelligenza della proposta.
Se ciò che viene richiesto, sia questo un atto di socialità,
sia un’azione a se, sia l’apprendimento di una nuova esperienza,
non viene valutato dal discepolo come utile e con scopo vitale, egli
non si piegherà all’insegnamento, rifiutando categoricamente
di capire e apprendere.
Sensibilità
La Sensibilità – ‘‘facoltà
che permette ad un sensore di rimanere impressionato’’
In psicologia, è la capacità di percepire e di assorbire
le piccole sfumature di ciò che accade intorno al soggetto che
viene colpito dallo stimolo.
Vorrei definirla usando termini che spaziano un po’ nel mondo
della fantasia, trovando definizioni più comunicative che non
fredde sentenze cataloganti.
Forse è proprio la mia sensibilità a voler mostrare questa
qualità naturale nella sua reale importanza e a portarmi a parlare
in modo stravagante volendo appoggiare il fantastico al reale.
Ma d’altronde la sensibilità non è quella cosa che
ci porta a conoscere lati delle persone, lati della vita, lati di tutto
ciò che ci circonda in maniera forse un tantino esagerata per
chi è sprovvisto di una tale preziosità, e appagante per
chi invece con lei condivide gioie e dolori del quotidiano?
Kant nella Critica alla Ragion Pura - l’uomo può conoscere
il mondo e tutte le cose che lo circondano mediante l’interazione
di due semplici livelli: quello della sensibilità e quello dell’intelletto.
Una volta giunta la percezione di una rappresentazione reale, il nostro
modo di essere riesce ad immagazzinarla attraverso l’elaborazione
sensoriale, e da quella percezione può nascere qualcosa di molto
bello o di molto brutto, così come può non nascerne niente.
La nostra sensibilità o impressionabilità, detterà
la valutazione della cosa percepita dando vita alla sensazione.
Kant sosteneva che l’uomo nasce con i propri occhiali davanti
agli occhi, le lenti di questi occhiali, hanno tutte sfumature diverse,
per cui se le lenti degli occhiali di un persona sono verdi, e di un’altra
persona sono blu, le due persone vedranno il mondo in maniera differente;
le lenti poi possono essere più o meno pulite, facendo arrivare
i dati in maniera ancora differente; entrambe le persone sono in grado
di vedere, ad entrambe arriva la percezione, ma la possibilità
di assorbirla in ugual modo non c’è, per questo le sensazioni
che verranno scatenate non potranno essere uguali.
Lo stimolo: non dobbiamo catalogarlo unicamente in una percezione singola,
ad esempio un trillo, un lampo, una toccata, una sola notizia che arriva
a toccare la nostra sensibilità; esso può essere si, dato
da un fattore singolo, ma può essere anche un composto di una
molteplicità di impulsi che possono manifestarsi in maniera povera
e che in realtà sono ricchi di effetti scatenanti; e può
essere definito da un qualcosa che si risolve nel lampo di un secondo.
All’inizio della nostra evoluzione sensoriale, è normale
che riusciamo a captare un segnale per volta, e solo dopo aver immagazzinato
tanti segnali possiamo creare dalla loro unione una sorta di Arcobaleno.
Ogni volta che vedremo apparire un colore di quell’Arco, la nostra
sensibilità ci renderà protagonisti di sensazioni stimolanti.
Nel mondo degli Animali accade la stessa cosa.
Nel nostro particolare discorso/argomento, il Cane è provvisto
di una sensibilità di gran lunga maggiore a quella di noi esseri
umani, perché tutto il suo modo di comunicare è fatto
di stati d’animo.
Il problema è per noi di saper raggiungere quel grado di sensibilità
e di riuscire a capire quello che il nostro Cane sta cercando di dirci
attraverso quel messaggio così sterile ma che nella realtà
è un Arcobaleno.
Vedere un Cane con un’espressione disorientata, causa in me un
senso di pietà.
Vedere il proprietario di un Cane che non capisce cosa il suo Cane sta
cercando di dirgli, causa in
me un senso di rabbia.
Vedere un Cane che corre felice incontro al suo Compagno, causa in me
un senso di gioia.
Vedere una Mamma con i suoi cuccioli, causa in me un senso di amore.
Vedere un cucciolo senza la sua Mamma, causa in me un senso di tristezza.
Vedere un Cane sul ciglio della strada, causa in me un senso di dolore.
La sensibilità è quella cosa che ci permette di capire
e di entrare nello stato d’animo di chi abbiamo di fronte (da
non confondere con ‘’empatia’’) e nella realtà
della situazione di cui siamo partecipi o dello spettacolo a cui stiamo
assistendo, però non sempre ci permette di trasmettere quello
che stiamo recependo dalla visione a chi, la sensibilità, non
sa neanche dove sta di casa.
Il livello di sensibilità, oltre alla soggettività dell’individuo,
lo possiamo catalogare in merito all’età della persona
e del Cane. Non essendo però facile catalogare un’età
equiparante, possiamo solo dare delle tracce sommarie dicendo che un
Bimbo è sicuramente meno sensibile di un adulto sensibile (ripetizione
dovuta perché il Bimbo è un esserino sensibile a modo
suo, un adulto non lo è sempre).
Per avere una riprova della diversità di sensibilità fra
i due individui, faccio sempre lo stesso esempio:
un Bimbo può vedere tranquillamente il Film d’animazione
Disney ‘’Red e Toby’’, io dopo anni che era
già uscito nelle video sale e in televisione, e che anche i miei
nipotini l’avevano visto e stravisto, non sono riuscita a guardare
che i primi minuti, e cioè fino a quando, della Mamma di Red,
si suppone che abbia fatto ‘’una fine non rosea’’,
visto che dopo lo sparo non si sa più nulla di lei.
La sensibilità del Bimbo, è ancora allo stato iniziale
della sua crescita, gli stimoli sono ancora a livello di singoli impulsi
e la capacità associativa è scarsa; la mia no!
Ci sono però moltissimi adulti che guardando un Film di animazione
Disney, non provano le mie stesse sensazioni se non addirittura ne sono
annoiati.
Il Cane ha un livello di sensibilità maggiore rispetto all’uomo;
il cucciolo e l’adulto sono entrambi sensibili sempre; la loro
variante sta nelle esperienze vissute (ed è scontato) e nella
razza di appartenenza (teoria neotenica). La soggettività è
importante così come le esperienze e il carattere nella sua totalità,
ma una nota di appunto va fatta, per avere una linea guida, sulla razza
(o mix) dell’individuo che abbiamo in osservazione o in custodia.
Possiamo racchiudere la definizione di sensibilità in poche parole:
la sensibilità è l’abilità dei sensi.
Aggressività:
la capacità di reagire ad una minaccia, ma anche la capacità
di afferrare alcunché.
Parlando di aggressività in maniera superficiale,
spesso l’uomo intende un atto di cattiveria, dettato dalla cattiveria
pura e semplice o dalla paura. Entrando un attimo nello specifico invece,
verbalizza varie tipologie di aggressività a seconda della circostanza.
In verità la qualità naturale chiamata in ballo, continua
ad essere tale alla dicitura iniziale. Benché le situazioni siano
diverse e quindi diversi i fattori che entrano in discussione, non c’è
differenza nell’atto.
A fare la differenza è l’intensità dell’aggressività,
modificabile a seconda del fine ultimo, e può mostrarsi con un
azione passiva o attiva. Per aggressività passiva si intende
il mantenimento della forza generata all’interno del soggetto,
il quale invece di far esplodere l’energia, rinuncia e, attraverso
la fuga o il chiudersi a riccio, la tiene sopita. Per aggressività
attiva, logicamente, si intende il concetto opposto, ma anche in questo
caso, non necessariamente deve essere un atto violento. L’aggressività
può essere manifestata anche in maniera scenografica.
Esaminiamo ora alcuni casi in cui l’aggressività può
entrare in ballo:
- per difesa della prole o del branco o di se stessi;
- per catturare un oggetto o una preda;
- per l’uccisione della preda;
- per insicurezza;
- per dominanza.
Nelle situazioni sopraccitate l’aggressività è chiamata
dagli istinti.
“Istinto = impulso innato per la conservazione dell’individuo”
L’istinto, ovvero ciò che permette di agire senza rifletterci,
spontaneamente. Non mutabile.
L’aggressività non è un istinto, ma una qualità
naturale.
“Qualità naturale = risposte genuine modificabili con l’esperienza”
Le qualità naturali, ovvero disinvoltura e semplicità
nell’agire, sono prive di affettazione, ricercatezza, artificio
e riflettono la semplicità del cane. Mutabile.
Riporterò alcuni esempi per facilitare la spiegazione.
Difesa: “istinto alla difesa = lotta per l’immunità
dell’essere e del branco”.
Il cane è un animale sociale, naturalmente si unisce ad altri
soggetti, non necessariamente della stessa specie, per far parte di
una famiglia. Il concetto di famiglia è talmente importante per
lui, che a costo della vita, la difende fino allo stremo delle sue forze.
Sciogliamo lo zucchero della situazione e affrontiamo il concetto in
maniera logica: difendere la famiglia, vuol dire assicurarsi una più
lunga e sicura esistenza. Un cane senza una famiglia tutta sua, corre
i rischi dello stare solo, come non riuscire a procacciarsi del cibo
(non sempre i cassonetti dell’immondizia sono a portata di cane),
non riuscire a difendersi da un attacco nemico (come possono essere
molestie di persone squilibrate o una cacciata da un territorio) ecc.
ecc.
L’aggressività entra in ballo dapprima i maniera visiva,
e solo se non dovesse essere sufficiente la mimica cambierà in
tattile. Logicamente se l’individuo che si sente chiamato in causa
è solo, la sua reazione può essere di fuga o, sentendosi
messo con le spalle al muro, di violenza esagerata.
Un cane cercherà di evitare sempre lo scontro attivo, perché
sa che se dovesse rimanere ferito, ne andrebbe della sua sopravvivenza.
Più un cane vive esperienze che richiedono l’intervento
dell’aggressività, più questa accrescerà,
essendo una qualità naturale.
Predazione: “istinto predatorio = attitudine a porsi in agguato
per l’inseguimento della preda”
Che sia attuato per gioco o per sport o per scuola, nell’istinto
predatorio non esiste aggressività. E come potrebbe esserci d’altronde
visto che la predazione è esclusivamente il porsi in agguato
per l’inseguimento della preda?... agguato e inseguimento materialmente
non possono soddisfare l’atto di afferrare.
Se il soggetto predatore, ha intenzione di terminare l’inseguimento
e di fermare la preda, allora e solo allora entra in ballo l’aggressività.
La presa è possibile solo se presente questa qualità naturale.
Se la preda dovesse divincolarsi lievemente, e il predatore volesse
nuovamente rincorrerla , il gioco della predazione avrà nuovo
atto, se invece non vorrà ch’ella si muova, aumenterà
la forza nella presa. E ancora, se la preda non accettasse di restare
lì e cercasse di dibattersi, entrerebbe in scena un nuovo istinto,
l’istinto alla lotta, che indurrà i due a combattere fino
alla resa di uno di loro. L’aggressività continuerà
a crescere. Non sempre la fine della scena deve terminare male per uno
dei duellanti. Può finire con qualche ferita o solo con molta
saliva sparsa un po’ su tutti e due, oppure con la fuga della
preda, oppure…
C’è da sottolineare che un atto nato dalla predazione non
ha come fine ultimo l’uccisione. Un esempio lampante, può
essere il gioco con la lucertolina, finchè la poverina si muove
l’atto ha giustificazione, come si ferma – per cause di
forza maggiore – non ha più interesse.
Caccia: “istinto alla caccia = arte nell’inseguimento della
selvaggina per la cattura”
Mai attuato come gioco. Lo scopo è quello di catturare la preda
per ucciderla e mangiarla. Nello sport della caccia, il cane impegnato,
ha un ruolo nel branco di subalterno, ed è quindi nel rispetto
delle leggi del branco, che non ha diritto a sfamarsi per primo nel
momento in cui porta a termine il suo compito.
Tempra : “tempra = capacità di sopportazione fisica e psichica
ad un’ esperienza negativa”
Un cane cresciuto senza una guida, o che ha perso la sua guida, o che
ricopre un ruolo di guida senza essere abbastanza forte per farlo, oppure
un cane che ha subito atti di violenza psicologica o fisica, possiede
una tempra fisica o psicologica o entrambe assai bassa.
La tempra è una qualità naturale e quindi vale la stessa
regola della possibilità di manipolarla, accrescendola o sminuendola.
Un soggetto con la tempra bassa può facilmente esternare atti
di aggressività passiva o attiva. È l’insicurezza
generata da un’educazione sociale sbagliata, da esperienze di
vita negative che portano un soggetto a dover risolvere le questioni
attraverso l’aggressività. Più il soggetto sarà
segnato, maggiore sarà la sua risposta aggressiva.
Con un adeguato riequilibrio educativo, cioè con un sano soggetto
guida, il cane in questione ritroverà la sua stabilità.
Ordine sociale: “docilità = capacità di sottomissione
alle regole del branco – rispetto delle regole del branco”
(anche se sembra un controsenso, il rispetto del branco dipende dalla
docilità dei soggetti, più un soggetto è forte,
più ha vigore la sua docilità; l’ordine sociale,
a volte, richiede un atteggiamento aggressivo, atteggiamento che non
necessariamente deve essere manifestato in maniera cruenta). Un capo-branco
deve essere il soggetto più docile del branco, deve possedere
il grado più alto di questa qualità naturale, poiché
la docilità è la base dell’equilibrio nel branco.
Se così non fosse, come potrebbe insegnare il rispetto ai suoi
figli?
Quando troviamo dei soggetti che mostrano aggressività consequenziale
ad atti di dominanza, vuol dire che qualcuno ha detto loro di occupare
un ruolo di dominanza e questo qualcuno di punto in bianco vuole toglierglielo.
Ogni passaggio di ruolo deve passare da uno scontro. Fra persone –
a volte – basta parlare, fra animali a seconda della specie, chiarimenti
in lingua, fra animali e persone, lascio a voi spaziare con la fantasia.
Un cane non si inventa capo-branco, soprattutto in una famiglia di esseri
umani, porlo al primo gradino gerarchico è per lui stressante.
Dopo queste poche righe, è possibile capire come l’aggressività
non sia una patologia, tanto meno segno di squilibrio, ma la conseguenza
di una risposta istintiva o educativa.
L’aggressività può essere mostrata in un vocalizzo
acuto, in una postura rigida, in un morso serrato, in una fuga, in una
chiusura, in una masticazione, in una lotta per la sopravvivenza.
Il vocabolario di lingua italiana, l’encicolpedia
e il dizionario medico, definiscono l’aggressività in questo
modo:
L’essere impetuosi e violenti; avere tendenze reattive di origine
maligna; tendenza a dominare in maniera restrittiva; iniziative comportamentali
volte a dominare.
Nello sport, in linea generale equivale allo spirito agonistico.
Figurativamente l’aggressività può essere: una bellezza
sconvolgente; lo stile di un cantante, di un attore o di un esecutore.
In psicologia ed in etologia, viene intesa come tendenza
istintiva, variamente definita, causa di comportamenti caratterizzati
da minaccia e attacco, e da alcuni considerati come provocati da situazioni
conflittuali o da frustrazione.
Azioni distruttive messe in atto per danneggiare qualcuno e/o qualcosa,
i comportamenti aggressivi sono mezzi tramite i quali diventa possibile
la scarica della tensione accumulata.
Le opere concordano nell’asserire che l’aggressività
è un evento generato per arrecare coscientemente un danno, variabile
a seconda delle circostanze e delle motivazioni per cui si attua; è
un personale modo di affrontare le avversità, è un modo
di porsi nei confronti del mondo, è la risultante dimostrativa
di uno squilibrio psicopatologico.
In qualsiasi trattato della lingua, così come
in qualsiasi lettura medica, l’aggressività è presentata
come un impulso .
Per impulso, credo però che essi non intendano
istinto, perché l’istinto è la qual cosa che si
attiva generando un‘azione, mentre l’ aggressività
è una delle componenti che completano l’azione. Oltre al
fatto che, nell’esporre la teoria, l’aggressività
è manifesta in diverse gradazioni, e questa non è caratteristica
di un istinto. L’istinto quando entra in azione, ogni volta che
si mostra, in qualsiasi circostanza accada, è sempre uguale per
espressione e intensità, sono le qualità naturali che
entrano in gioco, che lo affiancano, a modificare lo svolgimento dell’azione,
e le contingenze (le risposte alle azioni) a determinarne un nuovo sviluppo
o un arresto.
Esiste poi una diversità fra aggressività
umana e aggressività animale.
Mentre nell’uomo, essa è volta a ferire intenzionalmente
per il piacere di fare del male, piacere di sconfiggere ed umiliare,
piacere di infliggere dolore fisico e psicologico per il solo appagamento
emozionale o per gratificare pulsioni inconsce che animano la vita dell’individuo,
negli Animali questo è assolutamente fuori da ogni progettazione.
Le risposte aggressive di un Animale abbiamo già visto perché
si mettono in atto, e, a meno che non ci sia una disperata esigenza
di sopravvivenza, mai l’aggressività si attiva con l’intenzione
di apporre dolore.
Mordere l’avversario, per l’Animale vuol dire mettere un
punto ad un colloquio, e se il punto viene accettato, il colloquio termina
in questo modo, altrimenti continuerà fino a che un punto non
verrà messo comunque!
Quando l’etologo Konrad Lorenz, espose la sua
teoria sull’aggressività, parlava di istinto aggressivo
o combattivo come garante della sopravvivenza.
Da queste parole traduciamo l’aggressività scaturita nel
combattimento, chiamata dall’istinto alla lotta per la salvaguardia
dell’essere (istinto di sopravvivenza). Dire ‘’istinto
aggressivo’’ è quindi solo un generalizzare l’azione
non entrando nell’analisi specifica della stessa. Questo non vuol
dire che l’aggressività è un istinto.
Riporto un esempio che mostra un modo di dire convenzionale: molti sono
gli allievi che quando presentano l’analisi comportamentale di
un soggetto appena osservato, se hanno notato in lui una manifestazione
predatoria, a seconda della sua completezza, sono usi dire che il tal
Cane ha un istinto predatorio alto, medio o basso. Questa dicitura è
errata se analizzata nelle particolarità che la compongono, ma
non lo è se si fa riferimento sommario o sommariamente partizionato
delle qualità naturali che intervengono a corolla del pistillo.
Certo poi bisogna entrare nello specifico, ma come prima definizione
generale, può anche essere accettata. E chi ascolta, non deve
tradurre solo la prima parte, no, deve aspettare la descrizione completa
per capire la particolarità comportamentale del soggetto osservato.
L’aggressività nell’uomo, è
diversa solo per quel che riguarda l’intento, ma anche nella nostra
specie è la reazione conseguente all’attivazione di un
istinto. Freud la abbina all’istinto sessuale (con tutte le psicopatologie
collegate), ma ad attivare atteggiamenti aggressivi possono essere anche
le circostanze di vita, le frustrazioni, le inibizioni, gli atti di
dominanza.
Nel mondo animale la frustrazione non è un concetto vissuto (vedi
‘’La Frustrazione’’) e per quel che riguarda
l’inibizione e il dominio, sono normalissime espressioni di vita
di un normalissimo Branco, che non vive la disparità caratteriale
come una deficienza bensì come una perfezione dell’unità
‘’io sono Uno ma in realtà non sono che parte di
Uno’’.
Negli Animali l’aggressività non ha fondo
distruttivo, negli uomini si, e spesso non si ferma nemmeno davanti
all’omicidio. Fromm.
Quello che negli Animali viene frainteso come ‘’fondo distruttivo’’
è la reazione ad uno stato di stress, causato da circostanze
che minano l’equilibrio.
Il comportamento aggressivo nei rituali d’intesa fra Lupi, è
solo un comportamento ritualizzato formato da elementi stereotipati
e convenzionali. Gelli.
Aggressività idiopatica
Con questo termine si vuole alludere ad un tipo di
aggressività della quale non si conosce la causa.
Un tale comportamento avviene in maniera fulminea e inaspettata. Si
adduce spesso tale espressione a soggetti con carenze psicologiche influenzate
generalmente da diversi fattori tra cui: il patrimonio genetico, le
esperienze precoci, l’età dell’adozione, il sesso
(del soggetto) e precedenti apprendimenti.
In realtà quando si parla di idiopatia, si vuole intendere ‘’senza
reale conoscenza del perché’’, ingiustificata.
Nella sua particolarità è, in definitiva, una malattia
del se. Per cui, quando non si riesce a identificare la fonte del problema
che genera l’effetto, si suole dire che è ‘’idiopatico’’.
leggi anche:
''Aggressività una malattia'' del Dott. Carlo Petitti e ''Aggressività
come caratteristica espressiva'' e ''Ti
mangerei di baci''
Versatità - elasticità
mentale
Caratteristica del Cane da Pastore Tedesco è
la versatilità, ossia quella qualità che facilita l’individuo
a svolgere più compiti, ad interessarsi a più argomenti,
ad applicarsi con maggior elasticità ad ‘’n’’
situazioni/stimolazioni. Da non confondere la versatilità con
il temperamento: specifica di una nota caratteriale che non implica
necessariamente ‘’l’essere versatile’’.
E da non intendere l’essere versatile come volubile o mutevole:
nel senso di leggerezza di intento o superficiale
Parola originaria dal latino: versatilis – movibile,
mobile; derivata dal verbo versare – voltare, girare.
Parlando di un Cane versatile, quello che intendiamo
è proprio la capacità di gestire/affrontare/sostenere
più situazioni e impegni/compiti con il medesimo peso; come anche:
la capacità di voltare pagina e cambiare abito senza risentire
del cambiamento.
Konrad Lorenz, con le sue indicazioni sulla Teoria
Neotenica, ci ha lasciato grandi spunti di riflessione sui perché
di tanti atteggiamenti comuni e non, nelle varie tipologie/razze di
Cani. Chi più chi meno, è disponibile allo svolgimento
di diverse attività, è favorito al sostentamento di più
compiti. Il Cane da Pastore Tedesco è, fra i conspecifici, uno
fra i più dotati (parlando di questa particolarità). Come
sempre però, esistono delle differenze fra Individuo e Individuo,
e perciò, anche se questi individui appartengono entrambi alla
razza menzionata, non è detto che il loro essere versatile, sia
di ugual livello.
L’essere versatile implica il coordinamento di/fra altre qualità
che devono essere presenti nell’Individuo. L’insieme di
queste qualità permette lui di districarsi fra i vari incarichi
che riceve; detti incarichi possono anche essere uno l’opposto
dell’altro.
Praticamente, in un Cane da Pastore Tedesco, è possibile trovare
l’unione di un ‘’Branco di Individui’’
che, come Natura vuole, posseggono ognuno una propria particolarità
utile al benessere globale del Branco.
Nel mondo della cinofilia, è possibile trovare un esempio lampante
di quanto appena specificato, nelle singole razze (specificità
soggettive riconosciute/appartenenti a Individui del primo livello in
un crescendo e differenziazione mano a mano che si procede verso quelli
dell’ultimo) e nelle cucciolate dei Cani Lupo (ricordo che stiamo
parlando delle specializzazioni individuali) in quanto in loro è
più marcata che non nelle altre razze, la differenza fra gli
Uno (Teoria
del Branco); logica deduzione dovuta alla presenza meno lontana
dell’Avo Lupo.
Nell’ambito dell’evoluzione la versatilità
è un elemento fondamentale che, contrastata dalla tradizione,
permette uno sviluppo in equilibrio della necessaria crescita/mutazione/sviluppo.
Essere versatili implica una grande capacità
di adattamento, il che ci parla della altrettanto grande dote riconosciuta
nella duttilità, del quale deve essere provvisto l’Individuo,
che però, per riuscire nell’impresa, deve anche essere
in grado di mantenere la giusta concentrazione nel compito che sta svolgendo,
e nei compiti che svolgerà successivamente. Questa funzione gli
permetterà di ampliare le proprie conoscenze in maniera positivamente
accrescitiva solo se l’ultimo dato accennato sarà presente,
altrimenti tutto il suo ‘’operare’’ non sarà
che un fuoco di paglia.
Se l’Individuo non riesce a rimanere concentrato, dobbiamo essere
in grado di capire se ‘’la cosa’’ dipende da
lui o da chi l’ha ‘’istruito’’. Infatti,
la maggior parte delle volte, la causa non è da ricercare nel
Soggetto, ma nel modo in cui si è interagito con lui. Spesso
invece di ‘’dialogare’’ con un Cane e di lavorare
nell’impegno di una crescita a lui idonea, si condizionano le
sue espressioni creando un ‘’burattino’’ che,
al momento di ‘’cambiare’’ o al momento di ‘’inventare’’,
sembra un computer in avaria mnemonica.
Da tenere ben presente, nel momento in cui si interagisce
con un Cane (in generale) e con la sua versatilità, (nel particolare),
se in lui si cela un adulto, un adolescente o un infante (mi esprimo
in termini umani per far meglio afferrare il concetto ‘’età’’
e/o ‘’personale caratteristica’’)
Questo ci dà la possibilità di comprendere la grande differenza
fra l’essere versatile ed essere in grado di pilotare con coscienza
la propria capacità e l’essere versatile e non essere abbastanza
‘’maturo’’ per poter controllare gli impulsi
che da essa possono generarsi.
Perciò, riprendendo il tratto del discorso in
cui ho accennato alla dote presente nel Cane da Pastore Tedesco, ecco
che, anche se nei discorsi è giusto generalizzare per avere un’idea
sulla ‘’materia’’, non si può farlo o
quantificare la caratteristica fino al punto di dire ‘’è
sempre così per tutti’’ perché il ‘’Singolo’’
ci darà sempre modo di osservare una differenza.
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